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Blog di Confcontribuenti (Sez.Piemonte) e UpL

Liberalismo e Collettivismo, due chiavi per intendere la Democrazia.

1 Maggio 2011 , Scritto da Confcontribuenti Piemonte Con tag #ITALIA

DA: LIBERTIAMO.


Le teorie politiche si possono dividere in due categorie: quelle individualiste e quelle collettiviste. Nelle prime al centro dell’analisi politica c’è la persona che decide cosa fare nella propria vita, nelle seconde al centro è posta invece la collettività che prende decisioni vincolati per tutti i suoi membri.

Questi due approcci alla società umana si ripresentano in innumerevoli versioni in politica, economia, filosofia politica, filosofia morale e filosofia del diritto.

Confrontando il “Secondo trattato sul governo” di Locke e “Il contratto sociale” di Rousseau si nota il contrasto inconciliabile tra il primo, che difende le regole della convivenza tra individui reali, e il secondo, interessato solo ad una mitologica volontà generale superiore. … 

L’individualismo ha toccato il punto più basso di popolarità con i totalitarismi del XX secolo, l’apoteosi del collettivismo: fino agli anni ’70, in economa c’era chi sosteneva che lo Stato dovesse pianificare il mercato, come in Unione Sovietica. Oggi nessuno crede in una castroneria del genere, anche se ancora si sogna l’IRI.

Il pensiero giuridico è anch’esso diviso in due tronconi: quello che dà allo Stato il monopolio del giuridico (il giuspositivismo), e quello che fa discendere il giuridico dall’azione individuale (in primis Bruno Leoni), senza ridurlo ad un fiat del legislatore. Dal punto di vista delle finalità del diritto, poi, c’è chi ritiene questo uno strumento mediante la quale le persone curano i propri affari, e chi uno strumento per realizzare “finalità collettive” da imporre ai membri del corpo politico, trasformando il diritto privato in diritto amministrativo.

E che dire dell’etica? La responsabilità, il merito, la colpa, la vergogna, sono concetti individuali o collettivi? Esiste una sovra-coscienza collettiva, magari incarnata nello Stato? Quanto spesso la vuota frase “è colpa della società” viene utilizzata per sottintendere che la responsabilità è di tutti tranne di chi agisce?

Il liberalismo del XX secolo è stato un liberalismo monco: invece di difendere l’autonomia e la libertà individuali, ci si è spesso accontentati di moderare l’attività politica. E così è nato il mitologico liberalismo non liberista: la libertà di iniziativa economica formale, temperata quando necessario da aliquote fiscali al 90%, e dalla necessità di licenze e permessi.

Il peccato mortale del pensiero politico contemporaneo è l’illusione che il diritto di voto sia un sostituto adeguato della libertà di scegliere cosa fare della propria vita (libertà che implica quella economica, cioè sui mezzi), confondendo la libertà individuale dei moderni con la “libertà” degli antichi: la democrazia è il diritto di tutti di scegliere per tutti, la libertà è il diritto di ognuno di scegliere per sé.

Siccome viviamo in un mondo culturalmente collettivista, si sente ancora nell’aria lo spettro dell’individualismo atomista, che non è però altro che una versione della fallacia collettivista, secondo cui tutto ciò che è sociale è politico, come se scambiare un bicchiere di latte per una fetta di crostata sia paragonabile a costringere i giovani a pagare le pensioni ai vecchi mediante la coercizione fiscale.

La fallacia collettivista vuole ricondurre tutta la società alla politica, cioè alle decisioni collettive, ed è onnipresente nel dibattito pubblico: la si vede quando si vuole “democratizzare” questa o quella istituzione di libero mercato, o addirittura la famiglia. La democrazia collettivista non sarà paga finché la verità scientifica non verrà acclamata tramite plebiscito. L’ideologia della democrazia collettivista è fondamentalmente totalitaria (nel senso di Talmon), in quanto desidera una palingenesi sociale realizzata con mezzi politici, e l’onnipervasività di queste finalità collettive rappresenta l’essenza della democrazia illiberale, mentre al contrario la democrazia liberale si basa sull’idea che lo Stato è uno strumento per perseguire meglio alcuni fini individuali condivisi difficili da realizzare senza la coercizione politica.

Il mito dell’atomismo lo si vede in innumerevoli critiche all’individualismo: “gli individui non nascono nel vuoto“, “i rapporti sociali sono importanti“. Ma il liberalismo non ha mai negato ciò: come tutte le dottrine politiche, riguarda persone che interagiscono tra loro, non Robinson Crusoe. La fallacia collettivista impedisce  di immaginare una società non fondata su decisioni collettive, ma è solo mancanza di fantasia.

Per fortuna al giorno d’oggi certi livelli estremi di collettivismo sono impensabili, come la pianificazione economica. La battaglia continua però su molti fronti: l’individualismo continua a fare progressi, nonostante il fuoco di sbarramento dei luoghi comuni. Ma l’essenza delle nostre istituzioni politiche, dei nostri concetti politici, della nostra visione della società è ancora collettivista: ce n’è di strada da fare, per recuperare margini di libertà erosi dall’estensione continua del dominio del politico sulla società.

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